I Cavalieri di San Giovanni
nella nuova sede di Malta si trovarono in prima linea a combattere contro le potenze
islamiche, sia contro il tradizionale nemico, l’Impero Turco, che contro gli
Stati Barbareschi. Mi sembra doveroso soffermarsi sul concetto di Stato
Barbaresco, spesso foriero di equivoci. Innanzi tutto non si tratta, come
alcuni hanno sostenuto, di covi di pirati in cui si trovavano solo bagni penali
e empori di schiavi,[1]
bensì di organizzazioni statali evolute, con precise istituzioni politiche e
una struttura sociale multiforme. L’equivoco in cui incorre il Panetta è quello
di non considerare l’organizzazione statale ottomana, in relazione in
particolare agli stati tributari del Nord Africa. Il Sultano governava le
provincie estreme del proprio impero attraverso un rapporto personale che per
certi versi ricorda il feudalesimo europeo: nei vari Principati (Algeri,
Tunisi, Tripoli, Egitto, Valacchia, Moldavia) poneva persone di fiducia,
conferendo loro il governo di quei territori come premio per i servigi resi
allo Stato. E’ chiaro a questo punto che il Sultano nella scelta dei propri
vassalli seguiva un criterio di convenienza. Nei Balcani inviava esponenti
della nobiltà fanariota[2],
più fidati che i discendenti delle antiche dinastie reali romene, nel Maghreb i
corsari che si erano distinti per le loro capacità strategiche: nel primo caso
la convenienza sta nel porre dei sovrani non troppo dissimili dalle popolazioni
soggette ma che garantissero una ferrea fedeltà, nel secondo caso sta invece
nell’esperienza della guerra contro gli Europei. Negli stati barbareschi spesso
si trovava molta più libertà religiosa che in Europa: gli Ebrei Andalusi
avevano trovato qui la loro nuova patria dopo la cacciata dalla Spagna, e i
mercanti livornesi, siciliani e marsigliesi disponevano tutti di una chiesa
cristiana. (Da notare che in ogni modo anche a Genova e Livorno i musulmani
disponevano di edifici di culto).[3]
Solo in un’epoca successiva (XVIII secolo) le dinastie dei Bey di Tunisi e
Tripoli diverranno ereditarie, mentre il dì Dey di Algeri rimarrà quello con
connotati militari più vividi e sarà l’unico elettivo, fino alla conquista
francese del 1830.[4] Gli Stati
Barbareschi, quindi, erano organismi statali con una struttura politica e
sociale definita e praticavano la guerra di corsa, non solo come fonte di
arricchimento, ma anche come forma di azione politica e militare. Prima di
procedere nell’esposizione degli eventi mi pare fondamentale chiarire
l’etimologia del termine barbaresco:
sebbene a prima vista potrebbe sembrare collegato al sostantivo
"barbaro" in realtà deriva dal termine Barberia, usato per definire il Nord Africa e che significava paese
dei Berberi. Il termine non aveva quindi nulla di dispregiativo all'origine ma
indicava solo la componente etnica principale della popolazione.
Sul fronte cristiano si
assisteva ad un impegno tutto spagnolo contro i Turchi. Gli Stati Italiani
(legati tutti alla Spagna, Toscana e Savoia innanzi tutti) erano al suo fianco,
così come lo erano Malta e la Chiesa. Ben diversa era la posizione di Venezia,
per certi versi analoga a quella della Francia: esse ricorsero spesso a
trattati di pace separati, la prima per ragioni di sopravvivenza, la seconda
per antagonismo alla Spagna. La scena mediterranea vede quindi una politica di
tentativo di dominio tutta spagnola, spesso frustrata da grandi sconfitte. Più
che il padre Carlo V, è Filippo II d’Asburgo a impegnarsi in una politica
mediterranea: per capire a fondo questo scenario politico risulta fondamentale
l’opera di Fernand Braudel Civiltà e
Imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II. Nata come tesi di laurea,
fu successivamente ampliata fino a segnare una svolta nella visione di un
periodo fondamentale per la comprensione degli avvenimenti che hanno
caratterizzato la storia politica dell’Europa Meridionale. Braudel si interroga
proprio sui motivi che condussero Filippo II a condurre una guerra ad oltranza
contro i Turchi: una frase dello storico francese è a tale proposito
emblematica, “La guerra continua nel Mediterraneo quando l’Occidente se ne
libera ad ogni costo”.[5]
Effettivamente la stessa Spagna pone termine ai conflitti che l’hanno scossa
durante il regno di Carlo V. La situazione interna non è delle più favorevoli,
per le difficoltà finanziarie, per il malessere politico, per i conflitti
religiosi, per la rivolta nei Paesi Bassi. Ciò nonostante, Filippo II prosegue
la sua guerra nel Mediterraneo, con alterne vicende. All’interno di questa
lunga guerra, “indecisa, oscillante, oscura”[6]
si inscrive l’episodio dell’assedio di Malta nell’estate del 1565. Braudel
sottolinea l’importanza dell’episodio a livello mediterraneo, astraendolo da
una visione tradizionale che lo vedeva come un episodio di valore dell’Ordine
di San Giovanni, procrastinando a Lepanto (1571) una svolta decisiva nella
situazione politica e militare. A tale proposito è significativo il giudizio
finale che Camillo Manfroni riserva all’assedio:
Parlare di cause per la
spedizione turca contro Malta è difficoltoso: e lo è per due ragioni precise.
Innanzi tutto il fatto si inserisce in un periodo di tensione quindi risulta
molto difficoltoso enucleare un gruppo di eventi da ascriversi come motivo di
una risoluzione esclusiva contro l’Ordine di San Giovanni e non tanto come
eventi che motivarono un rancore generale contro la Spagna, e, di conseguenza,
Malta. In secondo luogo è ben problematico affrontare il tema di un analisi
della politica di un governo, quello turco, senza potere attingere direttamente
dai suoi documenti, ufficiali o segreti. Pertanto mi limiterò a citare quegli
eventi che Francesco Balbi indica come motivi di risentimento del Sultano
Sulaiman. Bradford li riporta pedissequamente colorando a tinte a mio giudizio
troppo romanzesche il Sultano attorniato dalle Principesse Ottomane che lo
esortano a combattere i cristiani (lo storico peraltro, errore comune, afferma
che Balbi era spagnolo).[17]
Seguendo l’esposizione di
Balbi troviamo alcuni audaci colpi della flotta gioannita che furono perpetrati
ai danni di esponenti della famiglia imperiale Ottomana. Oltre al progetto di
una spedizione contro le installazioni turche di Malvasia, sarebbero stati
motivo di grande risentimento per l’appunto alcune azioni condotte da Fra’
Mathurin de Lescout de Romegas che catturò due importanti personaggi della
Corte del Sultano: una dama ultracentenaria di nome Giansever (forse la nutrice
della figlia prediletta di Sulaiman oppure la zia di Alì Pasha) ed un alto
funzionario, un Sanjaz-Bey (governatore di un sangiaccato in Egitto, Balbi
esagera dicendolo “Viceré di una provincia”). Sempre Romegas, comandante delle
galere del Gran Maestro, questa volta con Fra’ Pierre de Giou, comandante delle
galere della Religione (quelle armate dall’Ordine), riuscì a impadronirsi di
una grande nave che trasportava merci ricchissime ed era diretta a Venezia con
una scorta di ben venti galere; ne era proprietario Capi Aga, Capitano e
Maestro della Porta di Palazzo del Sultano e Consigliere del Divano. Balbi
aggiunge che la stessa Rossellana[18],
la celebre moglie favorita del Sultano, insisteva perché i Cavalieri fossero
sterminati perché ostacolavano il pellegrinaggio alla Mecca. La conquista del
Peñon de Velez de la Gomera da parte spagnola non fece che aumentare il
risentimento del Sultano cui giunsero in seguito le lettere dei personaggi di
Corte in prigionia a Malta. Sulaiman allora convocò il Divano, cui
partecipavano i più alti dignitari civili, militari e religiosi dell’Impero e
esortato da Capi Aga avrebbe deciso di allestire un’impresa contro Malta. Così
sarebbero andati i fatti secondo Balbi.[19]
In realtà la spedizione era già in preparazione da tempo come ben ha dimostrato
Braudel studiando approfonditamente i carteggi diplomatici spagnoli e
veneziani: è chiaro a questo punto che le cause sopraccitate non possono che
essere considerate occasionali. Nel paragrafo significativamente intitolato Ci fu sorpresa? Braudel dimostra come in
Europa si fosse a conoscenza della grande attività che regnava nei cantieri
ottomani e che i governanti avevano capito che sarebbe presto giunta la flotta
turca. Già a gennaio del 1565, il giorno 20 per la precisione, l’Ambasciatore
francese a Costantinopoli, scriveva alla regina Caterina de’ Medici che
l’obiettivo era Malta ed un avviso il
20 aprile da Ragusa annunciava che le prime 20 galere di Pialì Pasha erano
uscite un mese prima dagli stretti dirette verso Malta, a quanto diceva la voce
pubblica.[20] Balbi
stesso scrive che “I preparativi di una spedizione così formidabile vennero a
conoscenza dei Principi Cristiani attraverso Venezia; anche il Gran Maestro
della Religione non aveva mancato di ragguagliarli su tutto.” A questo punto mi
sembra interessante inserire un paragone cronologico tra i preparativi e il
viaggio della flotta turca e quanto facevano i Cavalieri e la Spagna per
apprestarsi alla difesa. Si potrà notare come quanto messo in atto dal Viceré
di Sicilia Don Garcia Alvarez de Toledo, Marchese di Villafranca[21],
scagioni il governo spagnolo dalle accuse mossegli da Manfroni, delle quali ho già
avuto occasione di parlare.
Per la tabella sottostante mi baserò esclusivamente su Braudel e Balbi, le fonti più precise ed affidabili, la prima perché basata su un attento lavoro di ricerca archivistica, la seconda perché testimonianza diretta. Laddove ci sono delle discrepanze indico entrambe le versioni.
FLOTTA IMPERIALE TURCA |
SPAGNA e ORDINE
di SAN GIOVANNI di MALTA |
Febbraio 1565- Costruzione della flotta portata a termine
Marzo 1565- Il 20 (per Balbi il 22) venti galere di Pialì Pasha escono dagli
Stretti
Aprile 1565- Tra il 17 e il 19 settanta attraversano lo stretto di Negroponte,
dopo aver fatto rifornimento di biscotto mentre altre 150 sono a Chio.
Maggio 1565-
La flotta tra l’8 e il 10 si concentra a Navarino e Modione; il 17
maggio viene avvistata dal presidio spagnolo di Cassibile; il 18 maggio è al
largo di Malta.. |
Febbraio
1565- D.
Garcia di Toledo, su ordine di Filippo II si reca a conferire col Papa, con i
Duchi di Savoia e Firenze, con la Repubblica di Genova e con il Viceré di
Napoli
Marzo 1565- D. Garcia salpa per Malta
con 30 galere e 3000 fanti alla volta di Malta dove offre al Gran Maestro di
lasciare alcuni suoi uomini. Il Gran Maestro declina l’offerta ma accetta
l’opportunità di ricevere soccorso dal Viceré in qualsiasi momento. D. Garcia
lascia quattro compagnie alla Goletta per la difesa e fa ritorno in Sicilia.
Il 22 marzo Filippo II da’ ordini perché siano arruolati 4000 fanti in
Spagna, da destinare parte in Corsica, parte alle galere.
Aprile 1565- Alcuni informatori
asseriscono che il reale obiettivo della spedizione è La Goletta. L’8 aprile
il Viceré di Napoli informa Filippo II che è sua intenzione arruolare
10000-12000 uomini e recarsi in Puglia. A Malta il Gran Maestro aumenta le
fortificazioni e invia lettere ai Cavalieri residenti all’estero, in Italia
in particolare, perché raggiungano Malta per partecipare alla difesa.
Maggio 1565- Il 7 maggio viene posta
la catena all’imboccatura del Porto e giunge un moro che informa i Cavalieri
delle grandi scorte alimentari che il Dey di Tunisi sta approntando per la
flotta turca; il 10 D. Juan de Cardona, Capitano Generale delle Galere di
Sicilia (spagnolo) porta a Malta la notizia della presenza di galere turche a
Modione e sbarca sette compagnie di fanteria spagnole; il 13 maggio con due
galere dell’Ordine giunge un’altra compagnia spagnola e un’altra nave sbarca
150 soldati arruolati da Fra’ Raffaello Crescino a Messina e posti sotto il
comando di Fra’ Gio. Andrea Magnasco; il 18 maggio la flotta turca è
avvistata da Sant’Elmo all’alba a trenta miglia al largo verso Greco-Levante
(E-NE); il 22 il Viceré di Napoli informa che la flotta è stata avvistata il
17 presso Capo Passero. |