ARCHITETTURE FUNERARIE DI ORTA NOVA

 

 

di Lucia Lopriore

 

 

 

Sin dall’antichità il culto dei morti è stato oggetto di attenzione; non sono casuali i rinvenimenti archeologici che testimoniano la necessità da parte dell’uomo di dare degna sepoltura ai defunti.

Dall’antico Egitto alla Daunia, in modi diversi, le sepolture erano ritenute sacre, e l’uomo viveva quasi esclusivamente per officiare riti propiziatori affinché l’anima e il corpo del defunto potessero essere ben accolti nella vita ultraterrena.

Sicuramente, non bisogna andare lontano per comprendere che è insito nell’uomo questo comportamento che via via col trascorrere dei secoli ha assunto criteri diversi.

Fondamentale è stata l’istituzione dei camposanti, non solo come luoghi di culto, ma anche perché l’uomo stesso aveva compreso che la mancanza di condizioni igieniche idonee metteva a repentaglio la propria salute. In Europa il problema delle sepolture si poneva già dal 1804, ovvero da quando l’Editto di Saint Cloud facendo prevalere i principi di libertà ed uguaglianza dettati dalla rivoluzione francese, fissò i criteri secondo cui nelle chiese non dovevano più essere inumati i corpi, non solo per evitare il dilagare di epidemie, ma anche per eguagliare gli uomini che fino ad allora avevano ostentato il loro potere edificando tombe monumentali.

Il lavoro di ricerca documentale fin qui svolto, ha aperto la strada agli interrogativi ed agli eventi storici che hanno determinato la genesi e lo sviluppo del “Camposanto” di Orta Nova.[1]

Nel Regno delle Due Sicilie solo nel 1817 furono adottati i primi provvedimenti ed il Consiglio di Stato del Regno di Napoli, in quello stesso anno, promulgò una legge che regolasse le sepolture adeguandosi agli altri Stati europei.

Interessante è stato, dal punto di vista storico, seguire il coinvolgimento di Orta nel problema attraverso una lunga corrispondenza tra gli Intendenti di Capitanata e i Sindaci del paese.

Non fu semplice per i proprietari terrieri accettare di avere vicino alle loro terre il “Camposanto”; i pregiudizi e l’ignoranza presero il sopravvento sulla logica e, dopo varie vicende, finalmente anche Orta poté avere il suo “luogo Pio”.

Da allora molti cambiamenti nel corso del tempo sono stati fatti e, dalle semplici lapidi collocate all’interno delle cappelle gestite dalle Confraternite, molto simili nell’architettura ai “Colombari” romani, si passò in seguito alla costruzione delle cappelle private.

Oggi, per alcune di esse è indispensabile un intervento di recupero affinché continuino a testimoniare la storia dei nostri antenati, ed il ricordo che di loro rimane vivo in ognuno di noi.

 

***

Dopo la promulgazione della legge sull’istituzione dei camposanti,[2] il Consiglio di Stato del Regno di Napoli convocò i propri Intendenti affinché questi ultimi provvedessero all’applicazione dei principi dettati dal nuovo ordinamento.

Così, il 1° maggio 1817, l’Intendente di Capitanata inviò una lettera al Sindaco di Orta, Francesco Bucci, con la quale disponeva che fossero contattati i proprietari terrieri del paese affinché esaminata la legge, decidessero il luogo in cui costruire il camposanto.

Il 9 maggio dello stesso anno, il Sindaco rispose all’Intendente inviandogli un resoconto dettagliato sulle decisioni prese in merito alla richiesta:[3]

 

“[…] Giusta la Vostra veneratissima in data Primo maggio corrente, per la legge sulla costruzione de’ Camposanti, non ha mancato subito chiamare la Commissione e li proprietari di questo suddetto Comune a’ quali avendo fatto sentire detta legge, una alle intenzioni del Camposanto, li stessi hanno determinato costruirsi sul saldo della Posta della Casa.[4] Distante da questo abitato circa mezzo miglio ed esente da recare in comodo all’abitato per mezzo di qualunque vento, e per essere atto di terreno […]”.

 

Il documento evidenziava che il fondo era proprietà del Regio Fisco ed era stato assegnato in enfiteusi alla famiglia Zampini.

Al fine di definire meglio la questione, il Sindaco chiedeva che gli fosse inviato un esperto allo scopo di effettuare una perizia che avrebbe fornito i dati necessari per bandire l’appalto e dare inizio ai lavori.

Il preventivo di spesa avrebbe riguardato la costruzione delle mura di cinta della cappella e della casa del custode.

Il luogo, inoltre, doveva essere a pianta rettangolare con una lunghezza complessiva di 40 passi ed una larghezza di 30 passi; nella lettera il Sindaco sollecitava l’invio del perito affinché i lavori potessero incominciare per “[…] eseguire li ordini di Sua Maestà, nostro Signore e Vostro[…].[5]

Il 19 maggio 1819, l’Intendente gli rispose inviando un preventivo di spesa eseguito dall’Arch. Ferrara di Foggia che doveva essere approvato dai Decurioni; ed il 24 maggio di quell’anno l’Arch. Raffaele Ferrara inviò all’Intendente un altro preventivo nel quale prevedeva che il camposanto fosse distante 350 passi dal centro abitato e che ogni lato fosse lungo 245 palmi.

Orta allora contava 2.122 abitanti più i forestieri ed il paese era in crescita, questo aveva indotto il perito a modificare i calcoli iniziali e nella lettera che accompagnava il nuovo preventivo chiedeva che il Sindaco non pretendesse misure diverse da quelle da lui stabilite.

Il progetto prevedeva che il muro di cinta avesse una lunghezza di palmi 968, una profondità di palmi quattro ed uno spessore di palmi tre; il materiale da costruzione da utilizzare sarebbe stato la crusta, con una variazione per l’arco trionfale e per gli stipiti che sarebbero stati in pietra di Trani. Il preventivo prevedeva che la cappella fosse lunga 40 palmi, larga 30 palmi e profonda otto palmi, con volta a botte; e che l’ingresso principale con quattro scalini, sarebbe stato completato da rifiniture esterne in pietra di Trani.

Per l’interno si prevedeva una sola navata con altare maggiore rivestito di stucchi con riquadrature al paliotto, pilastrini laterali e gradini rifiniti in legno e pietra di Trani. Il costo complessivo preventivato ammontava a 4.409 ducati, 18 grani, 5 carlini e 12 cavalli.

Pur essendo completo in tutte le parti, il progetto non fu approvato dal Comune, tanto che il 25 maggio 1819, all’Intendente di Capitanata fu sottoposto un nuovo progetto. Questa volta però, la pianta sarebbe stata quadrata ed ogni lato avrebbe misurato 155 palmi comprese le mura di cinta; il costo complessivo preventivato per la realizzazione dell’opera sarebbe stato di ducati 1.904,04 grani.

Intanto, il sito su cui doveva essere costruito il camposanto fu alienato dai fratelli Zampini ai fratelli Giovine originari di Ascoli, ma residenti a Ordona, con atto del notaio Campanella; questi ultimi dopo l’acquisto, il 29 novembre 1819 inviarono una lettera al Sindaco di Orta, con la quale disapprovavano la decisione presa dal Decurionato di far costruire il camposanto sulle loro terre; il terreno che confinava con i loro territori, era stato acquistato per ingrandire la masseria armentizia e, quindi, pur essendo consapevoli che la legge fosse giusta, scrissero che:

 

“ […] in questo caso lungi dall’ottenersi lo scopo si verrebbe ad apportare grave deterioramento alla salute de’ pastori che non sono pochi […]”.

 

Pertanto alla luce dei nuovi avvenimenti chiedevano che il camposanto fosse costruito altrove.

Il Decurionato, dopo aver esaminato la richiesta, accolse la supplica e a sua volta la ripropose all’Intendente di Capitanata, affinché valutasse la possibilità di scegliere un altro luogo per la costruzione.[6]

Non fu tuttavìa solo questa la ragione che aveva indotto i Decurioni a chiedere lo spostamento dell’ubicazione del luogo pio; l’altro motivo era dovuto al fatto che, essendo il sito adiacente alla strada consolare che conduceva a Cerignola, e trattandosi di una strada pubblica molto frequentata, il camposanto avrebbe creato notevole disagio al transito dei veicoli e dei viandanti.

Così, il 5 dicembre 1819, l’Intendente, dopo aver esaminato l’istanza dei Decurioni, inviò una lettera al Comune, con la quale ordinava che fossero sospesi tutti i lavori di scavo già iniziati. Il 9 dicembre, fu assegnato all’ing. Raffaele Aliberti di Foggia il compito di progettare il trasferimento del camposanto in un altro luogo.

Il 23 gennaio 1820 l’ingegnere incaricato, dopo aver eseguito una lunga perizia, inviò il progetto richiesto corredato della relativa planimetria[7]; esso prevedeva l’unificazione del cimitero di Orta e di Carapelle e sarebbe sorto nel luogo Coppa della Posta delle Canne.

Il progettista prevedeva che il nuovo camposanto mantenesse la forma quadrata ma che ogni lato avesse una lunghezza di 165 palmi con il muro di cinta “[…] piantato sul sodo […]”, alto 48 palmi; inoltre la casa del custode sarebbe stata costruita sul quarto di territorio previsto per la frazione di Carapelle, mentre la cappella sarebbe stata edificata al centro della pianta ed il succorpo avrebbe custodito le ossa dei defunti dopo dieci anni dalla morte.

Il costo complessivo previsto per l’opera ammontava a 2.350 ducati, ma anche questa volta il Decurionato non approvò quanto proposto. Il motivo precipuo, consisteva nel fatto che fosse impossibile unificare in un unico luogo i due cimiteri, anche perché il posto scelto dal perito era troppo distante da Orta e ciò avrebbe creato notevoli disagi agli abitanti che non sempre avrebbero potuto raggiungere il luogo; mentre, era troppo vicino al centro abitato di Carapelle, e questo avrebbe esposto i suoi abitanti al pericolo di epidemie.

Così, sentite le ragioni, l’Intendente di Capitanata si rivolse ad un altro esperto ed affidò l’incarico all’ing. Luigi D’Auria di Foggia.

Quest’ultimo, dopo aver eseguito un sopralluogo sul posto, espresse il proprio parere con lettera del 23 febbraio 1820, confermando che il luogo scelto era quello meno indicato per costruire il camposanto, anche perché dopo soli otto palmi di profondità si trovava la falda acquifera e ciò obbligava il Comune a creare alcune infrastrutture; quindi, per ovviare all’inconveniente, suggerì di costruire un’elevazione artificiale di tre palmi riempendo il sito con altro terreno prelevato dalla zona limitrofa. Nella lettera, inoltre, invitava l’Intendente a voler considerare la possibilità di cercare un altro posto più idoneo allo scopo.

A tale riguardo, a suo avviso, il sito più indicato si trovava nella strada che da Orta conduceva a Cerignola e Stornara.

Intanto il Sindaco di Orta, Francesco Saverio Scuccimarra, il 28 febbraio di quell’anno inviò un’altra lettera all’Intendente con la quale chiedeva ragguagli sulla costruzione del camposanto e, il 2 marzo l’Intendente gli rispose che era stato approvato l’ultimo progetto sull’ubicazione nel nuovo sito. In quell’occasione egli dispose affinché i lavori cominciassero al più presto e fossero altrettanto celermente ultimati.

Nonostante le buone intenzioni e l’impegno profusi, il 6 marzo il Decurionato fu costretto a comunicare all’Intendente che era impossibile aderire alla richiesta di accelerare l’ultimazione dei lavori perché le condizioni climatiche ne impedivano la prosecuzione e che se non fossero migliorate i lavori sarebbero stati sospesi.

Più tardi, il 13 marzo dello stesso anno, il Sindaco inviò all’Intendente un resoconto dettagliato sui lavori eseguiti ed in quell’occasione, gli chiese finanziamenti pari ad 1/5 dell’ammontare del costo complessivo dell’opera, che sarebbero stati versati all’appaltatore.

La somma richiesta fu inviata al Comune il 18 marzo, ma l’Intendente ordinò che dopo la costruzione delle mura di cinta e della casa del custode i lavori fossero sospesi sino a nuove disposizioni, ed anche la costruzione della cappella sarebbe stata rinviata.

Il 6 giugno le prime fabbriche furono ultimate e s’incominciò a tracciare il primo solco per la sepoltura dei defunti ma, durante lo scavo, affiorò la falda acquifera e quindi per ovviare all’inconveniente, il solco fu riempito con la terra.

Nonostante ciò, il problema non fu risolto, così, il 10 giugno, il Sindaco scrisse all’Intendente di Capitanata informandolo sul problema sorto e affermando che prima del 20 giugno i corpi dei defunti non potevano essere seppelliti e, a causa di ciò, il tempo di ultimazione dei lavori non sarebbe stato inferiore ai due anni.

Il 13 giugno, l’Intendente rispose che bisognava ad ogni costo ultimare i lavori entro i termini stabiliti e che non sarebbero stati tollerati ritardi; mentre il 16 giugno, l’ing. D’Auria inviò all’Intendente un resoconto sui lavori eseguiti ed il 23 giugno, l’Intendente stesso, dopo aver ricevuto la comunicazione dell’ultimazione della costruzione delle mura di cinta, dispose che il parroco officiasse il rito di benedizione del luogo pio, e che fosse celebrato in un giorno festivo, così come previsto dalla legge.

Stabilì, inoltre, che la cittadinanza fosse informata dell’avvenimento con l’affissione di un manifesto nel quale fosse indicato il giorno di apertura del luogo; stabilì che si cercassero il custode ed il necroforo e che fosse fissato il loro compenso.

Il primo luglio, l’Intendente inviò una nuova lettera, chiedendo al Sindaco di Orta che provvedesse all’acquisto della bara coverta per il trasporto dei defunti; ed il 3 luglio quest’ultimo gli comunicò di aver assunto Pasquale Sigillino con mansioni di custode e di aver fissato il compenso in 30 ducati annui, ma aggiunse che questi ne pretendeva almeno 36, mentre rimaneva vacante il posto di necroforo.

Cosi, il 12 luglio fu redatto il verbale dal Decurionato ed in quella tornata furono nominati Deputati Sanitari Urbano Di Dedda e Giuseppe Vallario, e fu deciso che la cappella del cimitero fosse intitolata alle Anime del Purgatorio.

Il 13 luglio l’Intendente approvò le decisioni del Decurionato, il salario del custode in 36 ducati annui, mentre ordinò di estendere la ricerca del necroforo anche agli altri comuni limitrofi.

Il 30 giugno, il Vicario del Vescovo, Luigi Minichini, comunicò all’Intendente che di comune accordo con i parroci di Candela ed Orta era stata disposta la cerimonia di apertura del luogo pio in data da destinarsi.

Nel frattempo, si procedeva affinché fossero ultimati i lavori. Il 15 luglio 1820 l’Intendente scrisse al Vescovo di Ascoli informandolo sugli sviluppi della vicenda, perché disponesse sulla cerimonia solenne di benedizione.

Fino al 21 agosto 1821, però, quanto deciso in precedenza non era attuabile, perché all’infuori della cappella, la cui costruzione era stata appena cominciata, gli altri lavori erano stati sospesi.

Intanto, fino al 2 aprile 1822, la situazione era mutata e l’appalto per la prosecuzione dei lavori fu affidato ai mastri muratori Michele Marchio e Natale Netti.

Dal 1822 al 1825 le fabbriche furono sospese per incomprensioni sorte tra l’appaltatore ed il Comune, così, il 19 maggio 1825 il Sindaco di Orta, Francesco Bucci, scrisse all’Intendente informandolo che le fabbriche esistenti rischiavano il totale degrado ed il conseguente crollo sia delle lamie sia delle mura d’ingresso del camposanto. Con la lettera, inoltre, comunicava che il primo appaltatore, Michele Marchio, aveva acconsentito ad eseguire i lavori di riparazione delle fabbriche stesse a sue spese onde evitare “liti maggiori”.

Così, il 2 novembre 1825 l’Intendente rispose al Sindaco acconsentendo alla prosecuzione dei lavori, ed il 21 marzo 1826 Michele Marchio gli inviò un resoconto dettagliato sullo sviluppo dei lavori stessi la cui direzione, nel frattempo, era stata affidata all’ing. Francesco D’Aversa. Nel 1827 le riparazioni furono ultimate al costo complessivo di ducati 1.299,95 grani.

Fu nuovamente fissato il compenso per il custode in 30 ducati annui, ed il nuovo incarico fu affidato a Ciriaco Arcidiacono; per il necroforo fu fissato un compenso annuo di 12 ducati.

Il 29 luglio 1826, il cancelliere Luigi Guadagni dispose la chiusura delle sepolture nella Chiesa Matrice e in quella del Purgatrorio ed in pari data fu affisso il manifesto affinché la cittadinanza fosse informata sulle nuove disposizioni.

Tra il 1831 ed il 1833 furono eseguiti altri lavori di consolidamento della Cappella, perché le acque pluviali avevano danneggiato il succorpo.

Così, 15 gennaio 1831 fu affidato l’incarico di eseguire gli ultimi lavori ad otto muratori e due ragazzi del posto.

Tra il 1827 ed il 1834 nel camposanto furono scavati 26 solchi per seppellire i defunti; in quell’anno furono ultimati tutti i lavori di riparazione.

Dopo l’apertura, nel luogo furono costruite le tombe esterne e le cappelle gestite dalle congregazioni.

Queste ultime in particolare, presentavano un’architettura identica a quella dei Colombari romani, ovvero di tombe comuni che, formate da nicchie, custodivano le ceneri dei defunti. La sola differenza tra i Colombari e le cappelle del camposanto di Orta consisteva nel fatto che queste ultime custodivano i corpi e non le ceneri dei trapassati.

Così, dai solchi tracciati dal Comune, più tardi, si passò alla costruzione delle cappelle private che, com’era accaduto per le abitazioni, evidenziavano l’ostentazione delle classi più abbienti.

Con il sisma del 1948, purtroppo molte di queste ultime furono rase al suolo, tanto che oggi le poche scampate al crollo, a causa dell’incuria e del tempo rischiano di andare distrutte.

Intorno alla fine dell’Ottocento il camposanto fu ampliato e le mura di cinta furono trasformate in ossari.

In maggioranza, negli anni successivi perdurò la presenza delle cappelle gestite dalle confraternite, delle tombe esterne che contenevano le spoglie degli appartenenti alle classi medie e dei solchi che accoglievano nella nuda terra i corpi dei più poveri.

In seguito, la presenza di altre cappelle private, con la loro imponenza e bellezza, fece sorgere l’esigenza di un ulteriore ampliamento del luogo pio.

Dopo i lavori di ricostruzione del 1948 il camposanto è rimasto grossomodo invariato fino a quando l’espansione urbanistica del paese ha richiesto che fossero eseguiti i lavori di ampliamento.

 

APPENDICE DOCUMENTARIA

 

DOCUMENTO n° 1:

 

Archivio di Stato di Foggia – Collezione delle leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie – Pubb. Uff. 4, Vol. 1 pag. 281. – Legge n. 655 dell’11 marzo 1817.

 

Legge che prescrive lo stabilimento d’un camposanto in ciascun comune de’ dominj di quà del Faro.

 

Napoli, 11 Marzo 1817

 

FERDINANDO I. PER LA GRAZIA DI DIO RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE, DI GERUSALEMME, ec. INFANTE DI SPAGNA, DUCA DI PARMA, PIACENZA, CASTRO ec. ec. GRAN PRINCIPE EREDITARIO DI TOSCANA ec. ec. ec.

 

                Il costume di seppellire i cadaveri umani in sepolture stabili e dentro, o vicino i luoghi abitati, abolito fra le più colte nazioni, non potrebbe essere ulteriormente tollerato nel nostro regno, senza grave pregiudizio della salute pubblica.

Volendo Noi rettificare questo ramo di polizia sanitaria, e secondare nel tempo stesso il voto espresso a tale riguardo da’ Consigli provinciali de’ nostri dominj al di quà dal Faro;

Sulla proposizione del nostro Segretario di Stato Ministro degli affari interni;

Udito il nostro Consiglio di Stato;

Abbiamo risoluto di sanzionare e sanzioniamo la seguente legge:

ART. 1. In ogni comune de’ nostri reali dominj al di qua dal Faro sarà stabilito un camposanto fuori dall’abitato per la inumazione de’ cadaveri umani.

2. La costruzione de’ camposanti sarà regolata in modo da servire ad un tempo a garantire la salute pubblica, ad inspirare il religioso rispetto dovuto alle spoglie umane, ed a conservare le memorie onorifiche degli uomini illustri.

3. La costruzione de’ camposanti sarà cominciata nel corrente anno, e dovrà trovarsi ultimata in tutto il regno per la fine del milleottocentoventi.

La spesa di quest’opera è a carico de’ comuni rispettivi. Gl’Intendenti potranno eccitare i ricchi proprietarj, i prelati, il clero e le congregazioni a concorrere con oblazioni volontarie ad accelerare il compimento di un’opera tanto interessante la salute pubblica.

4. I comuni potranno stabilire i camposanti in qualunque fondo di proprietà pubblica, o privata, che sia riconosciuto atto a tale destinazione. Se il fondo apparterrà allo Stato, o a corporazioni e stabilimenti pubblici indistintamente, il comune l’occuperà, senza accordare verun compenso: se poi sia di proprietà privata, il comune ne pagherà al proprietario un canone corrispondente.

Ogni quistione che potrà elevarsi a tal riguardo sarà definitivamente risoluta dall’Intendente in Consiglio d’Intendenza.

5. In que’ comuni dove si trova costrutto il camposanto, o tostochè la costruzione ne sarà ultimata in ciascun comune, se ne pubblicherà l’apertura: e da quel giorno in poi è vietato generalmente, e senza veruna eccezione, di seppellire i cadaveri umani in qualsiasi altro luogo, dentro, o fuori dall’abitato.

Tutte le sepolture esistenti saranno allora indistintamente colmate e chiuse in modo che non possano mai aprirsi. Questa operazione sarà eseguita a diligenza del sindaco e degli eletti, in loro presenza, e sotto la loro responsabilità. Essi formeranno un atto, che faranno pubblicare nel comune nelle forme consuete, e di cui una copia, col certificato della seguita pubblicazione, a cura del sindaco, sarà depositata nello archivio comunale, ed un’altra in quello dell’Intendenza.

6. Chiunque dopo l’apertura del camposanto seppellirà, o farà seppellire un cadavere umano nell’abitato, o ogni altro luogo diverso dal camposanto, sarà inquisito, e punito correzionalmente, come infrattore delle leggi di polizia sanitaria.

7. Tutto ciò che è relativo alla estensione, forma e custodia de’ camposanti, al modo d’inumare i cadaveri umani, a’ monumenti privati da potervisi stabilire, ed in generale alla polizia di tali stabilimenti, sarà fissato un regolamento del nostro Ministro degli affari interni.

Vogliamo e comandiamo, che questa nostra legge da Noi sottoscritta, riconosciuta dal nostro Consigliere Segretario di Stato Ministro di grazia e giustizia, munita del nostro gran sigillo, e contrassegnata dal nostro Consigliere Segretario di Stato Ministro Cancelliere, e registrate e depositata nella Cancelleria generale del regno delle Due Sicilie si pubblichi colle ordinarie solennità per tutto il detto Regno, per mezzo delle corrispondenti autorità, le quali dovranno prenderne particolar registro, ed assicurarne l’adempimento.

Il nostro Ministro Cancelliere del regno delle Due Sicilie è particolarmente incaricato di vegliare alla sua pubblicazione.

 

Firmato, FERDINANDO.

Il Segretario di Stato

Ministro di grazia e giustizia

Firm., Marchese Tommasi.

Il Segretario di Stato

Ministro Cancelliere

Firm., Marchese di Circello.

 

Pubblicata in Napoli nel dì 15 di Marzo 1817.

 

 

DOCUMENTO n° 2:

 

Archivio di Stato di Foggia – Collezione delle Leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie – Pubbl. Uff. 4, anno 1828 Vol. 2, pag. 157 – R.D. n. 2159 del 12 dicembre 1828.

 

Decreto prescrivente l’ultimazione dell’opera de’ camposanti.

 

Napoli, 12 Dicembre 1828.

 

FRANCESCO I. PER LA GRAZIA DI DIO RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE, DI GERUSALEMME ec. DUCA DI PARMA, PIACENZA, CASTRO ec. ec. GRAN PRINCIPE EREDITARIO DI TOSCANA ec. ec. ec.

 

                Volendo che l’opera de’ camposanti sia ultimata con rimuovere gli ostacoli che l’hanno ritardata finora, e dare ad essi quella forma ed imponenza religiosa che debbono avere in un paese cattolico;

Sulla proposizione del nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni;

Udito il nostro Consiglio ordinario di Stato;

Abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue.

ART.1. La legge del dì 11 di marzo 1817 per lo stabilimento de’ camposanti fuori dall’abitato di ogni comune, ed il regolamento del dì 21 dello stesso mese ed anno dato dal Ministro degli affari interni per adempimento dell’articolo 7 della detta legge, avranno piena ed intera esecuzione in quanto non viene derogato co’ seguenti articoli.

2. E’ permesso a tutti i comuni di stabilire i camposanti, o per inumazione, o per tumulazione, dove non si trovino ancora costruiti interamente.

3. Ove non sieno fatti i camposanti de’ comuni, potranno parimenti stabilirsi uniti o attaccati a chiese rurali, le quali serviranno per cappelle de’ medesimi, purchè si trovino alla distanza dall’abitato almeno di passi cento circa.

4. La corispondente deliberazione del decurionato per la scelta del sito del camposanto, e del metodo della tumulazione o della inumazione, sarà sottoposta all’approvazione dell’Intendente nel modo prescritto dalla legge.

5. Vi sarà in ogni camposanto un sito distinti, o una particolare sepoltura riserbata esclusivamente per gl’individui del clero secolare.

6. Sarà permesso alle congregazioni di acquistare per apprezzo, come per opera pubblica, e coll’aumento del decimo su ciò che sarà valutato, lungo il circuito del muro di cinta del camposanto una competente porzione di suolo, per costruire in esso a proprie spese una cappella che avrà il suo ingresso dalla parte interna del camposanto, colle corrispondenti sepolture; e di seppellire in esse i proprj confratelli, o quelli che associeranno per tali in punto di morte, colla facoltà di andare a celebrare in tale cappella gli anniversarj, ed ogni altra sacra funzione funebre, quando vorranno.

7. E’ accordato alle particolari famiglie, quando vogliano assumerne la spesa, la facoltà di acquistare dal comune una porzione di terreno del camposanto, lungo la parte interna del muro che lo circonda, purchè ne offra la latitudine; e di stabilirvi una sepoltura familiare colla corispondente inscrizione sulla lapide.

8. Le costruzioni che si faranno dalle congregazioni, o da privati in virtù de’ due precedenti articoli, non dovranno deturpare l’ordine e la simmetria del camposanto. Dovranno perciò essere eseguite sotto la direzione e vigilanza dell’autorità amministrativa, e secondo il disegno dalla medesima approvato.

9. Ogni camposanto sarà aperto per la prima volta con una solennità religiosa, e colla benedizione prescritta dal rituale. Il sindaco inviterà a tal uopo tutto il clero, e v’interverrà colle altre autorità amministrative.

10. I camposanti colle rispettive cappelle saranno aperti ogni giorno dall’ora nella quale sarà finita la inumazione o tumulazione sino al tramontar del sole, e sarà permesso a’ fedeli di andarvi a fare le preghiere col debito buon ordine.

11. Nel giorno della commemorazione de’ morti sarà celebrato nella cappella di ogni camposanto un ufficio con messa solenne, coll’assoluzione e benedizione del sepolcreto Tale sacra funzione sarà eseguita da uno degli ecclesiastici il più graduato in dignità.

12. Sarà permessa la sepoltura nelle proprie chiese agli arcivescovi, vescovi ed a’ componenti i Capitoli tanto cattedrali che collegiali, come anche a’ parrochi.

13. A tutti i conventi e monasteri de’ due sessi sarà permesso di far seppellire gl’individui delle rispettive famiglie religiose nelle proprie chiese.

14. Sarà in oltre permessa la sepoltura nelle chiese di tutti que’ conventi religiosi che sono situati ad una distanza non minore di cento passi dall’abitato di ciascun comune, mediante una retribuzione che ad ogni congregazione, o particolare famiglia riuscirà di stabilire co’ religiosi medesimi.

15. Sarà permesso la tumulazione nelle sepolture gentilizie attualmente esistenti pe’ soli individui di quelle famiglie che hanno il padronato sia delle cappelle con sepolture, sia di queste ultime soltanto.

16. Chiunque abbia una chiesa, o cappella rurale di sua proprietà fuori dall’abitato, potrà stabilirvi una sepoltura o tomba per la propria famiglia e parenti.

17. Gli Ordinarj nelle rispettive diocesi proccureranno di coadiuvare dal loro canto la esecuzione delle disposizioni contenute nel presente decreto, e veglieranno per ciò che riguarda la parte religiosa.

18. Pel dì primo di gennajo dell’anno 1831 dovranno essere completati tutti i camposanti comunali, e nel tempo medesimo chiuse tutte le sepolture non autorizzate con presente decreto.

19. Ogni precedente disposizione contraria a quelle sanzionate col presente decreto, è abrogata.

20. Il nostro Consigliere Ministro di Stato Ministro Segretario di Stato degli affari ecclesiastici, ed il nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni, ciascuno per la parte che lo riguarda, sono incaricati della esecuzione del presente decreto.

Firmato, FRANCESCO.

 

Il Ministro Segretario di Stato

degli affari interni

F.to Marchese Amati.

Il Consigliere Ministro di Stato

Presidente interino

del Consiglio de’ Ministri

F.to De’ Medici.

 

Pubblicato in Napoli nel dì 4 di Marzo 1829.

 


 

[1] Questo saggio è tratto dal volume: L. Lopriore, Il Camposanto di Orta Nova, Genesi e sviluppo, Bastogi, Foggia 2000.

[2] Si veda la trascrizione in Appendice.

[3] Archivio di Stato di Foggia (da ora in poi ASFG), Intendenza e Governo di Capitanata, Atti, b. 922, fasc. 1, anni: 1817/1834. Il fascicolo non presenta la numerazione delle carte.

[4] Nei pressi di Tressanti.

[5] Ibidem.

[6] Ibidem, lettera del 02/12/1819.

[7] Ibidem.